
Gli Irlandesi sono stati tra i primi emigrante dello scorso secolo negli Stati Uniti, specialmente in America. Come ti sei sentito tu quando ti sei trasferito a New York?
Hai ragione. Molti Irlandesi hanno lasciato la propria patria per andare negli Stati Uniti. È un’emigrazione che dura da oltre 100 anni. Mio fratello è stato il primo a trasferirsi a New York e a vivere là. Aveva un piccolo pub in cui c’era la possibilità di lavorare e fare musica dal vivo. Jeff Buckley inizio proprio là: lavorando e suonando musica ogni lunedì sera. Sinead o Conner viveva nell’appartamento sopra il locale e vi lavorava durante il giorno. Quando sono stato colto dal desiderio di lavorare e scoprire nuovi mondi in cui mi fosse data la possibilità di sperimentare anche la mia vocazione musicale decisi di andare a New York. Non avevo una chiara idea di cosa potessi e volessi fare: pensavo all’inizio di suonare nel locale di mio fratello e di vivere, anche io, il mio piccolo sogno di New York.
Quindi il “vero” motivo che ti ha spinto a scegliere New York è? Famiglia, carriera, sogno?
Non avevo un lavoro e l’idea di andare a finire in un ufficio non mi entusiasma più di tanto. Altre opportunità non è che me ne venivano offerte molte in Irlanda. Così ho comprato un biglietto di sola andata per NY.
La tua musica ha le sonorità irlandesi con delle infiltrazioni newyorkesi. Tu come descriveresti la tua musica?
Penso che questa sia una descrizione perfetta. Tutte le melodie, la tristezza e la malinconia sono irlandesi, ma New York mi ha fatto imparare come veicolare questi sentimenti. Direi che le strade di New York mi hanno permesso di dare corpo alla mia musica.
C’è una canzone a cui ti senti particolarmente legato e perchè?
Ce ne sono alcune di canzoni. Una è “Volunteer”, scritta per i pompieri che sono intervenuti in seguito alla catastrife dell’11 settembre. Penso che la canzone contenga dei versi molto carichi di sentimenti, anche per le citazioni di Star Wars in essa contenute.
Alcune delle tue canzoni sono state usate in serie televisive come “One Tree Hills” e “Bones”. Come è ascoltare la tua musica in questo contesto?
Prima guardavo sempre le puntate di queste serie per ascoltare la mia musica e vedere come rendeva in quel contesto. Sicuramente all’inizio il fatto mi emozionava molto. Ora, occupandomi anche di colonne sonore, penso di essere “maturato” e di poter vedere il tutto in maniera più professionale. Ora non ascolto più tanto, ma sono piuttosto impegnato a continuare a creare.
C’è qualche serie televisiva per cui ti piacerebbe scrivere della musica?
Direi “Grey’s Anatomy”. È una serie molto popolare e potrebbe essere la piattaforma perfetta per raggiungere un pubblico molto vasto.
Il tuo desiderio o sogno nel cassetto?
Viaggiare, potermi esibire e non perdere mai la speranza e la felicità.
Elisa Cutullè