UNIAMOCI, AMIAMOCI. Blasoni e complimenti proverbiali tra popoli italici

Questa ricerca è uno studio, con un repertorio esemplificativo di un settore dei proverbi che nel tempo non ha avuto molta attenzione, classificato come tipologia generica di utilità pratica. Il blasone proverbiale serve più a marcare le differenze, le distanze, le particolarità, usando preferibilmente i difetti altrui. I riflessi antropologici segnalati da questo studio sono notevoli, profondi e anche divertenti, dal momento che scoprono un lato singolare del carattere tipico d’una popolazione che ha più elementi in comune di quanti non vorrebbe avere, tenendo a distanziarsi, smarcarsi, definirsi, mantenendo il proprio stigma, fino all’ultimo paesello della montagna più sperduta.

Blasoni popolari sarebbero da intendere, secondo logica e propriamente, soltanto quelli che gli abitanti d’una località e d’un territorio dànno a se stessi, o alla loro comunità storica, e sono volti, come il blasone nobiliare, a esaltare qualità, imprese, meriti e quanto altro di positivo, in modo da distinguersi, qualificarsi e anche primeggiare su altre società umane, soprattutto sulle popolazioni confinanti e più vicine. Gli studiosi sono passati sopra al fatto che i motti di autoesaltazione di paesi e città, generati dal compiacimento e dalla vanagloria, sono stati l’occasione di dare forma a una critica di altre popolazioni vicine e lontane in infinite parodie coniando detti, spesso molto azzeccati, volti a deridere i difetti, le presunzioni, le malefatte altrui. Molti sono divertenti, pungenti, graziosi, a volte giustamente un po’ graffianti ma non lontani dalla benevolenza; altri castigant ridendo mores, non pochi sono infondati, ingiusti, volti decisamente ad avvilire i destinatari, prevalere su di loro, deriderli, provocarli, moderare il loro valore, i loro meriti, esaltando implicitamente se stessi. Questo è l’aspetto che travalica il gioco innocente e pone il problema del collegamento a fenomeni passati a modalità diverse, ma che sembrano fatte della stessa sostanza.

CARLO LAPUCCI vive a Firenze, dove ha insegnato per molti anni. I suoi interessi si muovono nel campo della letteratura, della linguistica e delle tradizioni popolari, incentrati sull’individuazione delle radici profonde della cultura italiana. Con Graphe.it edizioni ha pubblicato: La Vecchia dei camini. Vita pubblica e segreta della Befana (2018), L’arte di fare il cattivo. Ovvero origine, epifanie e metamorfosi dell’Orco (2019) e Gesù bambino nasce. Poesia popolare del Natale (2019). In questa stessa collana hanno visto la luce i saggi Magia e poesia e L’arca di Noè (entrambi del 2022).

Pagine 224, 15,90 euro dal 26 maggio in libreria

Graphe.it

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