In un futuro post-apocalittico, senza mezzi tecnologici, senza corrente elettrica, la luce di una candela può far funzionare una lanterna magica. Un viandante narra ai superstiti storie per salvare il senso dell’umanità. Una storia che fa da cornice illustrato da Dario Ballantini.
Abbiamo incontrato Annalisa Boccardi per scoprire di più su questa opera di collaborazione
Un mondo fiabesco, ma da un sapore un po’ amaro. Cosa rappresenta per te PASE- Mondonovo?
Mondonovo è una cornice che inquadra panorami diversi, sorvolando su terre desolate, cime montuose e laghi fino a perdersi tra i venti che soffiano in Oriente. Poi si ferma e focalizza quando riconosce un dettaglio scolpito sulla facciata di una cattedrale o sul gesto di generosità di una donna che altro non ha da offrire in dono che una fetta di mela essiccata. Mondonovo sono i colori sgargianti delle opere di Dario Ballantini, lucenti ma densi della consapevolezza che in fondo “questo vivere non è”.
Nell’ultimo periodo si discute spesso che la classe anni 80 è l’ultima generazione che conosce l’infanzia senza Social Media. Una perdita del senso dell’umanità?
Non so se si possa parlare di perdita del senso dell’umanità. Sicuramente sono venute meno una certa spontaneità e naturalezza, lasciando spazio al dubbio e al sospetto. Forse è anche questo quello a cui Mondonovo aspira: la riscoperta di momenti di condivisione attraverso uno strumento artigianale che funziona con la semplicità di una candela accesa e un vetro colorato.
Quale è il fascino della purezza del mondo apocalittico?
Credo che sia nel fatto che nella perdita e nella desolazione si possa trovare più forte una spinta a fare meglio, a guardarsi dentro alla ricerca di ciò che davvero ha senso.
Come hai concepito il percorso musicale e quello della storia?
I due percorsi vanno di pari passo, senza mai invadere l’uno il cammino dell’altro. Nel senso che la storia procede in relazione alle canzoni, ma queste hanno anche vita propria, significano per loro stesse a prescindere dalla narrazione.
In quale brano trovi rispecchiate maggiormente te stessa?
“C’era una volta”. L’ho scritto durante il primo lockdown, quello del 2020. Per due mesi, come molti di noi, non sono mai uscita dalla mia abitazione. Mi mancavano le passeggiate per la campagna dietro casa. Era una delle cose alle quali più mi costava rinunciare.
Che alti e bassi ci sono stati nel lavoro di collaborazione?
Sembrerà strano ma all’interno del nostro gruppo i rapporti sono sempre cortesi e costruttivi. Siamo in accordo. C’è fiducia. Se qualche problema c’è stato a turbare gli animi è stato dovuto a eventi esterni, collaborazioni che hanno deluso le aspettative o momenti di difficoltà personali.
Elisa Cutullè
Foto © Baracca & Burattini