L’Ulisse all’opera di stato di Vienna

Un viaggio tormentato e difficile quello di Ulisse che dopo anni di assenza non desidera altro che ricongiungersi con la sua amata Penelope. Davvero? Nella messa in scena di Jossi Wieler e Sergio Morabito Ulisse è solo una figura a margine. A margine sì, ma non marginale. Non riconosciuto al suo rientro, arriva addormentato sulla sua isola natale di Itaca e si traveste da mendicante per non essere riconosciuto. Il porcaro Eumete lo accoglie e Ulisse inizialmente si rivela solo al figlio Telemaco. Da 20 anni sua moglie Penelope è combattuta tra la speranza del ritorno di Ulisse e il corteggiamento dei corteggiatori che la spingono a sposarsi.

Monteverdi inizia con un prologo in cui l’allegoria della fragilità umana si ritrova alla mercé del tempo, della fortuna e dell’amore. Un gioco di fragilità è  al contempo l’incipit per il tono della messa in scena dello spettacolo.

Anna Viebrok crea una scenografia e costumi atemporali. Vaghi richiami all’epoca dell’Odissea che fanno capolino dietro a sedili della Business Class, telai futuristici e poca parsimonia. Il filo rosso sembra essere la presenza non presenza di un tempo che non può essere relativizzato, ma sfugge alle convenzioni. I costumi sottolineano l’aspetto dell’atemporalità: funzionali, eleganti, esagerati ma non troppo. Un mero guscio di una modernità atemporale?

Ne abbiamo parlato con Andrea Mastroni che ricopre i ruoli del Tempo, Nettuno e uno dei precedenti di Penelope, Antinoo.

Cosa ci racconti dei tuoi ruoli?

Nella prassi barocca, spesso lo stesso interprete cantava più di un ruolo. Per me è una specie di sfida: interpreto il tempo, interpreto Nettuno, interpreto Antinoo, uno dei proci.  Si tratta di ruoli molto antitetici, molto differenti.

Da clarinettista passi poi al canto, come mai? E cosa consiglieresti a chi vorrebbe fare lo stesso?

Inizio da clarinettista come una specie di vocazione un po’ innata per quanto riguarda l’essere un musicista. Ho scoperto di avere l’orecchio assoluto a quattro anni.  Così incomincia poi a studiare il clarinetto, ma mi resi presto conto lo strumento non mi avrebbe permesso di realizzarmi dal punto di vista artistico a meno che non diventassi un solista. Nonostante io avessi buone doti da musicista era chiaro per me che non avrei potuto competere con chi viveva per questo strumento.

Elisa Cutullè

 

Foto: © Wiener Staatsoper / Michael Pöhn

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