
Martina Struppek (Ada) | Foto: Astrid Karger
Il mondo è trash. In “What is the cause of thunder“ Noah Haidle, esplora il mondo della soap opera.
Già nel suo concetto in nuce, lo sceneggiato televisivo non ha trame o svolgimenti complessi: nessuna riflessione filosofica o morale, bensì pura strategia comunicativa per mantenere gli ascolti vivi. Morti, resurrezioni, casi fortuiti, deus ex-machina sono degli elementi onnipresenti in questo formato televisivo.
Ma cosa succede a quegli attori che, per oltre 20 anni, recitano lo stesso ruolo, sono fermi e bloccati in quel ruolo? Dove finisce la finzione e inizia la realtà?
Noah Haidl cerca di investigarlo attraverso Ada, la protagonista di una soap opera che ricopre il ruolo da ben 27 anni. O quasi, perché, come si verrà a sapere nel corso dello spettacolo, c’è stata una pausa forzata di 6 mesi dovuta a un esaurimento nervoso.
Ada, magistralmente interpretata nella versione di Thorsten Köhler a Saarbrücken (Sparte4), da Martina Struppek, vive per il suo ruolo tanto da confondere, spesso e volentieri, le sue figlie. Da un lato vi sono le gemelle dello spettacolo: Harper, la buona, con fasi di coma, e che riesce a comunicare con Dio e poi Bathseba, la sorella gemella cattiva, odontoiatra.
I caratteri televisivi sono portati all’esasperazione: Ada, è una madre incapace di essere madre, in quanto traviata da troppe distrazioni e impegni da capofamiglia; Harper è la buona, ma ebete, la cui vita è sempre a rischio e Bathseba, la maligna che cerca di uccidere sorella e madre, ha un lampo di moralità (non riesce ad uccidere la madre a causa del giuramento ippocratico) e sopravvive alla caduta dal 27simo piano, perché salvata da un camion carichi di piume d’oca.
Ada perde il filo, il contatto con la realtà. La figlia Ophelia, cerca di riportarla alla realtà, ma, in un certo senso, è trascinata in questo vortice di vita immaginaria, tanto da inventare anche lei delle storie. Sta per diventare madre anche lei e sembra essere, in un certo senso, anche lei programmata al fallimento della figura materna, così come percepita dalla società: Madre affettuosa, che si occupa dei figli e gestisce una famiglia. Quello che la made non è riuscita a fare. Ada, anzi, vorrebbe il colpo di scena, la seconda (terza/quarta/quinta) possibilità, di ricominciare da capo ed avere una nuova possibilità di recitare bene il ruolo di madre. Ma la vita non offre questi escamotage: pretende di essere vissuta e di farne il meglio. Anche la nipote (che deve ancora nascere) è preoccupata di quello che l’aspetta e chiede la presenza e l’appoggio della famiglia, prima di arrivare al mondo.
Haidl presenta una società destrutturata e ricomposta fittiziamente con pregiudizi, aspettative e quello che si vuol vedere, non dovendosi impegnare in nulla. E perché? In un mondo in cui vi è surplus di tutto, manca sempre più un aspetto fondamentale: l’interazione della comunicazione umana, la vita nella vera quotidianità.
Visione negativa? Non proprio, piuttosto critica e provocatoria. L’elemento umanità delle relazioni viene presentato dai video di Grigory Shklyar, proiettati sulla scenografia bianca essenziale di Thorsten Köhler, nei cambi di scena: scene di nascita, di vita in famiglia, di momenti di affettività, in cui i volti sono oscurati, eliminati, rendi impersonali ed impalpabili.
Un plauso particolare ad Anne Rieckhoff che ha interpretato tutte le figlie, sorella, figli e nipoti della pièce teatrale
Prossimi spettacoli: 28 marzo e 26 aprile
Elisa Cutullè