Domanda d’obbligo per tutti coloro che non sono addentro alle “segrete regole dei teatri”: come nasce una stagione di prosa o di danza? Da cosa si parte e quali motivi conducono verso la scelta di uno spettacolo piuttosto che un altro?
Questa domanda mi riporta alla mente, con un sorriso, analoga questione che mi pose anni orsono un consigliere d’amministrazione del teatro, il quale aggiunse: ”c’è un catalogo di proposte dal quale scegliere?”
No, non c’è un catalogo purtroppo (o per fortuna!). Intanto occorre subito precisare che, dal 2009, la stagione di prosa viene realizzata in collaborazione con il circuito regionale della Fondazione Toscana Spettacolo con la quale programmiamo anche la danza, da quando abbiamo rinunciato – per motivi economici – a presentare istanza di sovvenzione al Mibac come Rassegna. Quindi una delle modalità nasce proprio dal confronto, pressoché continuo, con i colleghi di Fondazione con i quali valutiamo le nuove produzioni che circuiteranno sul mercato oppure le “riprese” di spettacoli che hanno fatto tourneé nelle stagioni precedenti. Molto spesso le proposte scaturiscono dalla visione di spettacoli in altri teatri (una delle modalità che preferisco perché mi piace constatare la reazione del pubblico “in diretta”). Altre volte si scelgono “sulla carta” e, in un certo qual modo, “a scatola chiusa” perché giudichiamo interessante il testo (è il caso in questa stagione de “Il silenzio grande”, da me letto in anteprima), oppure i protagonisti o la regia. Altre volte dallo scambio di idee e impressioni con altri colleghi direttori di teatro che hanno già programmato quel titolo; non di rado magari dai suggerimenti degli stessi spettatori. Insomma non c’è un’unica modalità.
Prosa e danza: due pubblici diversi o l’uno confluisce nell’altro?
In realtà nella nostra città esiste una pluralità di pubblici di cui occorre tenere conto. I giovani, gli studenti universitari, i docenti e i ricercatori, le famiglie o coloro che prediligono l’intrattenimento puro e semplice. Diciamo, se proprio dobbiamo “etichettare” o generalizzare, due grosse categorie possono essere individuate tra un pubblico più tradizionalista e una parte, piuttosto ampia, più curiosa, più attenta alle novità che proponiamo loro. Parafrasando il collega direttore artistico della lirica M° Stefano Vizioli “cerchiamo di non dare al pubblico quello che si aspetta, ma quello che non sa di volere”.
Chi è l’utente “tipo” che sceglie il cartellone della danza?
In questo caso diciamo che prevale l’età, infatti sono i più giovani ad essere attratti da questo tipo di spettacolo specie per quanto riguarda la danza contemporanea, mentre il pubblico più maturo si orienta maggiormente verso il repertorio perché, molto spesso, il balletto classico è maggiormente “riconoscibile” grazie a titoli che fanno parte ormai dell’immaginario collettivo. Anche chi non li ha mai visti sa di cosa trattano “Il lago dei cigni” , “Lo schiaccianoci”, “Cenerentola” o “La bella addormentata”. In questo caso, la presunta difficoltà ad approcciarsi alla danza, è facilitata dalla conoscenza della storia o della “trama” trattandosi di balletti narrativi e non astratti come la maggior parte della danza contemporanea.
Ci puoi illustrare brevemente il cartellone di prosa di questa stagione raccontandoci cosa ti ha fatto scegliere quegli spettacoli?
Come ogni anno, il lavoro continuo di ricerca di nuove proposte che incontrino il gusto del pubblico è reso più difficile dai risultati raggiunti nella stagione precedente, sia in termini di presenze – in
l’individuazione dei titoli è crescita costante – che di gradimento.
Quest’anno stata ancora più ardua con l’arrivo della nuova Presidente della Fondazione Teatro di Pisa, l’On.le Patrizia Paoletti Tangheroni che, pur nel totale rispetto dell’autonomia delle direzioni artistiche, ha indicato una strada, sollecitando in qualche modo “una maggior leggerezza”, e aggiungendo subito che “ciò non vuol dire superficialità”.
Ecco allora che questo può, forse, dirsi il fil rouge che unisce idealmente gli spettacoli di quest’anno e che – a mio modo di vedere – potrebbe essere il sottotitolo della Stagione di Prosa: “Una leggerezza che arriva in profondità”. Ci sono infatti spettacoli dove, come spesso accade, anche nei momenti più drammatici, possono esplodere risate, divertimento… insomma, sono pervasi dalla vita e, in molti di essi gli spettatori troveranno spunti nei quali riconoscersi e sui quali riflettere.
Ma ci sono altri filoni che si possono individuare, come quello delle figure femminili, con personaggi assai diversi tra loro ma tutti estremamente significativi e importanti, e penso alla Mirandolina della “Locandiera” di Goldoni con una spigliata e naturale Amanda Sandrelli nel ruolo della protagonista, coadiuvata dai bravissimi attori della Compagnia dell’Arca Azzurra ; alla Margherita del “Maestro e Margherita” (con un funambolico Michele Riondino nel ruolo di Woland) in una delle più strazianti e straordinarie storie d’amore; a Viktoria di “Viktor und Viktoria” con Veronica Pivetti che, nel duplice ruolo, dà prova delle sue capacità di attrice, quella nota al grande pubblico di donna buffa, incasinata e casinista e, nel ruolo maschile, quella di artista elegante, disciplinata e di classe capace di rivelare anche inaspettate doti di cantante; alla Giulietta del “Romeo & Giulietta – Nati sotto contraria stella” sia pure interpretata da un uomo en travesti secondo il più autentico spirito elisabettiano. Qui, insieme agli ironici Ale e Franz, avremo un cast di attori che non ci racconterà la storia, a tutti nota, scritta da Shakespeare, ma quella che una compagnia di vecchi comici girovaghi vuol presentare al pubblico e cioè “La dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo”. Un altro tema importante è quello dei rapporti familiari e dello scorrere del tempo: lo ritroviamo ne “Il silenzio grande,” che segna il debutto, come autore di una commedia, dello scrittore Maurizio De Giovanni, noto al grande pubblico per i noir del commissario Ricciardi e della serie “I bastardi di Pizzofalcone”, che ha ispirato la serie televisiva omonima con protagonista Alessandro Gassmann . È proprio lui a curare la regia di questo spettacolo che vedrà nel ruolo del protagonista Massimiliano Gallo , un altro degli interpreti della stessa serie, oltre a due protagoniste della scena, non solo teatrale, quali Monica Nappo e Stefania Rocca.Una storia che riserva molte sorprese, un’atmosfera vagamente eduardiana con misteri da scoprire che, quando ho letto il testo, ha tenuto viva la mia curiosità fino in fondo e mi ha regalato una bellissima emozione. Legato allo stesso tema, ma con tutt’altra impostazione è lo spettacolo “Parenti serpenti” dove passeremo dalle risate, per le caratteristiche talvolta grottesche dei personaggi, al crescendo del feroce cambiamento di quegli esseri che da umani si trasformeranno negli animali più pericolosi e subdoli: i serpenti. Questo spettacolo gira ormai da tre stagioni con grande riscontro di critica e, soprattutto, di pubblico, visto che il protagonista è Lello Arena, beniamino delle platee teatrali, cinematografiche e televisive.
Non mancano gli adattamenti teatrali di grandi capolavori della letteratura, come il già ricordato “Il Maestro e Margherita”, ma anche come il “Don Chisciotte” di Cervantes, uno spettacolo la cui drammaturgia ha saputo rendere ottimamente questo capolavoro, affascinando e incantando gli spettatori, con due protagonisti straordinari come Alessio Boni e Serra Ylmaz nel ruolo di Sancho Panza. Conclude la stagione “Così parlò Bellavista”, un grande affresco corale (quattordici gli attori in scena tra cui una straripante Marisa Laurito) che ripropone le scene più esilaranti del film omonimo di Luciano De Crescenzo e di cui è difficile raccontare la trama.
Cosa ti “emoziona” in uno spettacolo di prosa come spettatore?
Sono molteplici gli aspetti da cui mi lascio trasportare: può essere l’impatto visivo, quindi la ricchezza dell’allestimento scenico ma altresì, in uno scenario scarno, la bellezza del testo. La bravura degli interpreti così come l’originalità della regia. Qualunque sia la spinta propulsiva, comunque, ci deve essere da parte mia una reazione empatica; può essere di commozione, di ilarità oppure di “arrabbiatura”, qualsiasi cosa meno che la noia. Non sopporto di annoiarmi a teatro dove non ho il telecomando per interrompere ciò che non mi piace e sono inoltre troppo rispettoso del lavoro di chi ho di fronte per alzarmi e andarmene.
Esiste ancora nel pubblico il “mito” dell’attore famoso, oppure i media e i social hanno sostituito l’emozione della presenza fisica?
Più che di “mito” parlerei della popolarità del nome conosciuto che nell’era dei social è piuttosto amplificata, vedi la ricerca spasmodica del “selfie con”. Intendiamoci, nelle mie scelte io perseguo anche la politica della presenza di un nome conosciuto in locandina, purché il lavoro in questione sia di qualità. Del resto, personaggi che hanno conquistato la popolarità attraverso altri canali, come cinema o fiction televisive, spesso vengono proprio dal teatro e in teatro danno il meglio di loro stessi.
La danza sembra ancora destinata ad un pubblico di nicchia: è davvero così oppure si è allargata la platea dei frequentatori? E perché, secondo te?
Quello del pubblico della danza è un discorso complesso, in realtà è in crescita costante, solo che non fa i numeri della prosa o della lirica. Forse è un pubblico più esigente che va indirizzato e orientato meglio, vista l’altissima quantità dell’offerta, spesso non di livello eccelso. Molto hanno fatto, negli ultimi anni, trasmissione che troppo spesso vengono liquidate come “nazionalpopolari” dando un accezione negativa a questo termine. Credo invece che abbiamo contribuito a sfatare alcuni dei luoghi comuni intorno a questa forma di arte. Che sia “difficile” appunto o che, per esempio, gli uomini che fanno danza siano tutti gay. Anche serate in tv con grandi étoile della danza come Roberto Bolle, nonostante abbiamo fatto storcere il naso a molti miei autorevoli colleghi, secondo me – con i numeri di audience che hanno fatto – hanno reso un buon servizio a questa arte anche se, sono ben consapevole, che non tutti si riverseranno poi nei teatri a seguire la danza. Ma è un po’ come il discorso delle scuole di danza i cui iscritti sono in costante crescita ma ciò non si traduce in spettatori a teatro. Però questo è un altro discorso che ci porterebbe lontano.
Ci presenti il cartellone della danza?
Il cartellone della danza è costituito da sei serate che cercano di soddisfare più palati e intercettare più tipologie di pubblico; per questo motivo apriremo la stagione con una prima nazionale di una rivisitazione della fiaba di Cenerentola riletta con gli stilemi e la grammatica del tango: “Cinderella Tango”, che ci darà modo di abbinarvi, a conclusione, una milonga animata dai danzatori della compagnia ospite e che ci auguriamo possa far convergere in teatro i molti appassionati di questo ballo che, notoriamente, si spostano da un capo all’altro della Penisola per praticare la loro passione. A questo seguirà un grande classico del repertorio, “Il lago dei cigni”, che, visto anche il periodo di programmazione a ridosso del Natale, speriamo faccia registrare il tutto esaurito grazie anche al contributo delle scuole di danza alle quali abbiamo riservato promozioni particolari. Il terzo titolo è “Io, Don Chisciotte” firmato da uno dei nostri maggiori coreografi, Fabrizio Monteverde, per la seconda compagnia italiana per ordine di importanza: il Balletto di Roma; anche in questo caso, per favorire la trasversalità tra i pubblici, applicheremo uno sconto speciale a coloro che acquisteranno il biglietto per entrambe declinazioni, in prosa e in danza, del capolavoro di Cervantes. Un evento internazionale è costituito da “Alice in wonderland” del Theatre Circus Elysium, in tour europeo. Un cast di trenta atleti acrobati e ballerini ch,e attraverso la più innovativa delle arti circens,i darà la sua versione della celeberrima fiaba sullo sfondo di spettacolari immagini in 3D. Questo evento risponde pienamente a quella multidisciplinarità che sempre più spesso si riscontra nelle nuove produzioni, proprio con l’intento di coinvolgere pubblici e appassionati trasversali ai generi.
Nella Chiesa di Sant’Andrea ci sarà modo di gettare lo sguardo su ciò che emerge di nuovo tra i giovani danzAutori con tre performances dal Network Anticorpi XL di cui la Fondazione Teatro di Pisa e FTS fanno parte. Quindi due brani scelti tra quelli visti nel formato che costituisce il fulcro delle azioni messe in atto dal network, vale a dire la Vetrina AnticorpiXL, più un altro dell’azione denominata Prove d’AutoreXL.
Uno sguardo a ieri: come è andata la stagione passata per prosa e danza?
Come dicevo all’inizio, la stagione di prosa è andata molto bene perché, oltre ad aumentare ulteriormente il già consistente numero di abbonati (siamo arrivati a quota 820,) anche in termini di gradimento abbiamo riscontrato un ampio consenso tra i nostri spettatori, con picchi particolarmente elevati per gli spettacoli che hanno visto protagonisti Massimo Dapporto, Alessandro Preziosi e Angela Finocchiaro. Diverso il discorso della danza perché, pur in presenza di numeri di tutto rispetto per gli spettacoli in calendario fino alla fine di marzo, ci ha dato un po’ una delusione quel “mini festival” (5 spettacoli in 4 giorni) dedicato ai nuovi linguaggi della danza più innovativa che, pur essendo apprezzati tantissimo dal pubblico presente in sala, hanno scontato probabilmente una errata modalità di comunicazione: insieme a due spettacoli di prosa e a uno per bambini, li avevamo raccolti sotto il segmento denominato “Teatri di Confine” proprio per sottolineare la loro originalità ma, forse, questo ha disorientato il pubblico della danza mettendolo un po’ fuori strada.
Uno sguardo a domani: come vorresti diventasse il teatro di Pisa all’interno dell’area vasta PI-LI-LU-FI nel prossimo futuro? Un teatro che “accoglie” anche i lavori innovativi? Un teatro che “produce” di più? Un teatro che diventa punto di riferimento per alcuni temi particolari?
In questa che definisci ‘area vasta’ lascerei fuori Firenze, per tutta una serie di motivi. Limitandoci quindi alle tre città lungo la costa, credo che se ciascuna si orientasse a caratterizzarsi almeno per qualche grosso evento in ogni ambito, musicale, teatrale e coreutico, forse potremmo veramente realizzare progetti decisamente significativ , facendo convergere il pubblico di volta in volta nella città organizzatrice; un esempio per tutti la realizzazione delle “Divine” in Piazza dei Miracoli a Pisa nel 1987, con le più grandi étoiles della danza che la Rai trasmise in mondovisione.
Più che produrre di più, il nostro dovrebbe essere un teatro che “organizza” di più. Penso alla ricaduta di pubblico che ci potrebbe essere anche in termini di turismo culturale se tornassimo a programmare, con il necessario sostegno degli Enti Locali, dei festival estivi in luoghi meravigliosi come il Camposanto monumentale o il Giardino Scotto. In passato abbiamo dato prova di saperlo fare con grande professionalità. Certo eravamo una struttura più numerosa e articolata, sia negli uffici che in palcoscenico, ma ormai il primo comandamento è “contenimento dei costi di gestione” e, con quelli che siamo , tutt’al più possiamo fare il “soggetto attuatore” per conto del Comune di Pisa e contribuire alla realizzazione di eventi in città e sul litorale dove non sempre è agevole dare un’impronta che caratterizzi la cifra artistica che ha sempre contraddistinto la Fondazione Teatro di Pisa.
Stefano Mecenate