Fräulein Julie- La signorina dell’alta società di Strindberg
Nel 1888 August Strindberg scrisse la tragedia, in atto unico “La Signorina Julie”. Non era sua intenzione, come ribadisce egli stesso nella premessa, creare qualcosa di nuovo, bensì presentare solo una visione più moderna di un’irrequietezza e un’insoddisfazione interiore.
Nella messa in scena a cura di Christoph Mehler, andata in scena alla Alte Feuerwache di Saarbrücken per la prima volta il 16 novembre 2014, nulla rimane dell’ambientazione ottocentesca e dall’atmosfera di festa in cui si muovono i tre protagonisti della tragedia: la signorina Julie (Yevgenia Korolov), il suo servo Jean (Andreas Anke) e la cuoca Kristin (Sophie Köster).
La scena non scena di die Jochen Schmitt si riduce a un palco su cui è confinata la nobile Julie, mentre il servo e la cuoca devono rimanere con i piedi per terra e mai alzare lo sguardo.
L’inafferrabilità o meglio, l’intoccabile altezzosità della nobile signorina vengono esasperati: in scena di presenta una Julie, imbastita in un vestito che non le permette molta libertà di movimento, estremamente inamidato, che pare quasi suggerire il fatto che le braccia rivolte verso l’alto siano quasi un segnale dell’inconscio che suggerisce la fuga dal mondo ottuso della libertà.
Il pezzo, contrariamente ad altre trasposizioni (come quella con Juliette Binoche come protagonista), è continuamente pervaso da uno stato di ansia permanente: niente suoni di festa, ma sono un suono basso, contino e piatto… quella nota di passaggio che declama l’antifona alla tragedia ma che, rimanendo permanente, mette lo spettatore in uno stato di ansia, focalizzandosi sui tre personaggi.
Julie non riesce a risvegliare fantasie sessuali: è ingenua, nata ieri, estremamente viziata e sempre desiderosa di stare al centro dell’attenzione. Poco ci pensa su ad avere una storia con il suo servo, per nulla pensando alle conseguenze: non considerando che quel gesto avveduto avrà un impatto determinante sulla sua vita. È un gesto sconsiderato che la metterà a duro confronto con la realtà quotidiana in cui non c’è nessuna patina, nessuno velo a filtrare le cose. L’atto sessuale con Jean viene rappresentato da Mehler come un atto di pura violenza ed animalità: niente passione, niente soddisfazione, solo cruda realtà. E la realtà è che Kristin e Julie non solo sconvolgono il mondo di Julie, ma obbligandola a spogliarsi e mettere i vestiti della serva, rappresentano l’avidità della gente comune che da un lato è contro la nobiltà e le sue superiorità, e dall’altro ne prende il posto appena può.
Allo spettatore resta una strana sensazione addosso che non riesce ad eliminare: Mehler e Schmitt suggeriscono una rivolta dei meno abbienti, criticano le attitudini delle persone che sono abituati a vedere tutti saltare al proprio comando o vogliono presentare semplicemente, come aveva accennato Strindberg nella prefazione su citata, una visione diversa della storia, senza pretese e senza soluzioni?
Se è questo, ci sono riusciti in pieno.
Elisa Cutullè